Aramo

 

Collocata sulla destra della strada che conduce nel cuore della Svizzera Pesciatina, Aramo si raggiunge attraverso una minuscola deviazione che porta a passare dal cimitero e dal campo sportivo e che si esaurisce all'ingresso del paese, in corrispondenza del piccolo oratorio della Natività di Maria. Di lì in poi, il paese si chiude su se stesso, ed ugualmente serra il visitatore nelle sue spire avvolgenti. Le case sono addossate l'una all'altra; approfittano al meglio del poco spazio disponibile, chiuso dallo strapiombo in cui il colle si esaurisce improvvisamente; si dispongono con adattamento ricercato caso per caso alla morfologia della terra che sta sotto i loro piedi, mostrando quella vocazione all'arroccamento che caratterizza i borghi medievali. I percorsi interni, dunque, non sono né agevoli né regolari. Le geometrie sono infrante dall'irregolarità delle case e dalla pendenza che costringe il visitatore ad inerpicarsi per ripide scalette, in un itinerario ascensionale che svela a poco a poco la forma complessiva del borgo man mano che si sale verso il punto più alto del piccolo colle, dominato dalla mole un po' defilata della chiesa di S. Frediano.

   In un certo senso,  Aramo sta sopravvivendo a se stesso, a stretto contatto con la città e le sue occupazioni, che distano una decina di chilometri ed una quindicina di minuti di macchina: ben meno delle distanze interne delle grandi città e del tempo che occorre alla grande maggioranza di chi lavora per andare in ufficio o in fabbrica.

   Eppure una vicinanza come questa, non pagata con l'inquinamento ambientale, non è riuscita ad evitare la crisi. Aramo non è mai stato un paese particolarmente popoloso, ed uno sguardo alla sua consistenza urbana basta a farlo capire. Eppure è un paese con molte case vuote ed un numero di abitanti esiguo rispetto a quello che potrebbe ospitare e che ha una volta ospitato.

   Particolarmente importante, qui ad Aramo e nei castelli vicini, è il problema della tutela ambientale. Non si tratta in questo caso di salvare il salvabile o di procedere a dispendiose azioni di ristrutturazione e di ripristino, ma più semplicemente di sorvegliare sull'integrità di un ambiente che è giunto fino a noi inalterato nei minimi particolari. Ce ne sono tanti, in provincia di Pistoia e in Toscana, di borghi che hanno origine medievale, ma ciò che distingue i castelli della Svizzera Pesciatina dagli altri è la loro assoluta omogeneità rispetto al paesaggio e la loro assoluta omogeneità interna.

   Il paese non è mai stato al centro di avvenimenti storici di grandissima importanza, pur avendo alle sue spalle una vicenda lunghissima ed essendo documentato fin dal  Medioevo. Sull'origine del suo nome è stato detto che deriverebbe da un antico eremo presente nelle vicinanze; si tratta di un'ipotesi priva di conferme o smentite, che riportiamo per quello che può valere. Luogo strategico e fortificato, situato fra l'altro in una zona tutt'altro che tranquilla, contesa fra i domini lucchesi e quelli fiorentini, è stato sicuramente al centro di guerre e di devastazioni, ma poche sono le memorie di Aramo che troviamo annotate come se il piccolo castello avesse vissuto in modo appartato anche nei secoli lontani, senza lasciare memoria degli avvenimenti che lo hanno interessato.

   Le notizie più antiche sono quelle che riguardano la chiesa di S. Frediano, edificio sacro compreso nel piviere della grande e nobile pieve di Castelvecchio di Valleriana. Nella sacrestia giacciono ancora gli antichi libri parrocchiali, che potrebbero essere una fonte importante per la ricostruzione della vita del paese. Alcune guide fanno menzione della prima memoria della chiesa di S. Frediano collocandola addirittura nel secolo VIII. L'aspetto attuale dell'edificio non è tale da poterci permettere supposizioni che abbiano una qualche probabilità di esattezza; è comunque certo il popolamento di Aramo in epoca medievale, quando attorno o accanto alla chiesa sorse l'ossatura del paese e si procedette a munirne i contorni per renderlo roccaforte difficilmente espugnabile dal nemico.

   Come castello di confine Aramo si trovo più volte al centro di scontri armati, conteso come era fra la Repubblica Lucchese e quella Fiorentina. Gli episodi guerreschi che ne seguirono sono ben noti. Basterà ricordare come la furia lucchese si abbattesse su Pescia, distrutta nel 1281 e come la partita per il dominio politico sulla Valdinievole si concludesse di fatto, dopo le devastazioni seguite all'effimero dominio ghibellino con Uguccione della Faggiola e Castruccio  Castracani, nel 1339, quando la regione passò definitivamente sotto il controllo fiorentino, con le sole eccezioni di Collodi e Veneri, rimaste in parte lucchese. In questi anni tumultuosi non è difficile ipotizzare che anche Aramo, come tanti castelli vicini, abbia subito l'urto delle devastazioni di guerra ed il dramma degli odi di parte, assai violenti e radicati in modo da compromettere spesso anche la convivenza di centri vicinissimi. Ancora oggi, nei paesi della Svizzera Pesciatina, se ne colgono i residui, consistenti in una rivalità con gli abitanti dei paesi limitrofi. Ad ogni modo non vi sono notizie precise sul ruolo di Aramo negli avvenimenti bellici del tempo. Le fonti tradizionali si limitano a parlare vagamente di danni gravissimi sofferti dal paese, senza entrare in altri particolari. Né Aramo risulta presente fra quei comuni rurali che nel 1328, alla morte di Castruccio Castracani, si unirono in lega nel tentativo, fallito, di salvaguardare la propria autonomia. L'unica notizia certa, troppo poco per darci un'idea della situazione del paese, è che nel 1383, quando ormai la Valdinievole era sotto il controllo fiorentino, Aramo si trovava in uno stato di prostrazione tale da non contare più di dieci abitanti. Altra notizia riguardante Aramo si riferisce al 1502.

   Sulla consistenza abitativa di Aramo abbiamo i dati riferiti al 1832, quando il paese era ancora compreso nella comunità di Villa Basilica e nel territorio del Ducato di Lucca: 212 abitanti che ne fanno, dopo Fibbialla, il centro più piccolo della comunità. Il numero di residenti, oggi intorno ai cento, è notevolmente sceso negli ultimi vent'anni; almeno un'ottantina di persone in meno, questo è il calcolo approssimativo. Degli abitanti rimasti in età lavorativa, quasi tutti trovano la loro occupazione all'interno del comune di Pescia, ed in particolare nelle cartiere. La vita paesana, nonostante le difficoltà, non può dirsi assente. Certo non esiste più quel complesso di manifestazioni folcloristiche che teneva vivo il paese nei decenni andati. Non si canta più Maggio, non si fanno più le rogazioni, le benedizioni dei campi in attesa del raccolto. Anche perché l'agricoltura, qui come altrove, ha conosciuto momenti di crisi. Si produce comunque un ottimo olio. Una volta i suoi uomini portavano via i morti, ora organizzano un servizio medico, con un giorno settimanale di visita per gli abitanti. C'era anche, fino al 1980, la scuola elementare, poi chiusa per lo scarso numero dei ragazzi.

   Resta da dire delle attrattive del paese, che sono la chiesa di S. Frediano e l'Oratorio della Natività di Maria. Non si tratta di tesori eccezionali sul piano artistico, e tuttavia i due luoghi sacri offrono più di un motivo di interesse. La chiesa di S. Frediano, di cui si hanno, come abbiamo ricordato, antichissime memorie, è un edificio a nave unica, con facciata a capanna intonacata ed un campanile a pietra in vista con finestre separate da cornice. E' ancora compresa nella diocesi lucchese ed il suo nome rimanda appunto al patrono di Lucca.

   Sormontato da un piccolo campanile, all'ingresso del paese,  l'Oratorio della Natività di Maria non presenta esternamente grandi pregi architettonici. L'interno ha subito a metà del secolo scorso notevoli lavori di ampliamento.

Fonte: Bettino Gerini, Francesco Salvi, La provincia di Pistoia, Etruria Editrice.

 

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