Medicina

 

L'abitato dell'antico castello, attorniato da fitti boschi di castagni, è appollaiato sulla sommità di un poggiolo alle pendici del Monte Battifolle, ai cui piedi scorrono la Pescia Minore, o di Collodi, alla sua destra a la Pescia Maggiore alla sua sinistra.

   La prima notizia certa che abbiamo di questo castello ci è data da un atto del gennaio 988. Successivamente la storia del paese scivola via anonimamente parallela a quella di Lucca, fino a che nel 1429 non scoppiò una guerra tra Lucchesi e Fiorentini, che si concluse nel 1440 e nel corso della quale il castello fu occupato appunto dai Fiorentini, per i quali esso costituiva una continua spina nel fianco. Nel 1431 infatti Medicina era divenuta la base operativa ed il rifugio di un avventuriero francese al soldo del ducato di Lucca, certo Francesco de la Motte, che da quella sorta di nido d'aquila partiva per le sue frequenti scorrerie in territorio fiorentino.

   Terminata la guerra, con la pace stipulata nel 1441 veniva sancito anche il ritorno del castello sotto la sovranità lucchese, e questo stato di fatto non sarebbe poi più cambiato fino al 1881, quando Medicina, come anche Fibbialla, S. Quirico, Stiappa, Pontito ed Aramo, non furono distaccati dal territorio lucchese per essere aggregati al comune di Pescia, unitamente ad un appezzamento di 120 ettari di terreno del demanio di Villa Basilica. La parrocchia invece rimase sotto la giurisdizione ecclesiastica della Diocesi di Lucca, il che permane ancora oggi. Un altro fatto notevole nella storia del paese è rappresentato dalla sosta che vi fece Francesco Ferrucci nella notte tra il 31 luglio e il 1° agosto 1529, immediatamente prima cioè della battaglia di Gavinana.

   Alla mancanza di notizie relative al periodo alto-medievale, all'assenza di storie generali del paese, nonché di studi specialistici che lo riguardino, fa riscontro dalla fine del Cinquecento l'esistenza di un manoscritto conservato nella chiesa parrocchiale dei SS. Martino e Sisto che spesso illustra fin nei dettagli la vita religiosa del paese. Si tratta di una specie di diario redatto dai vari pievani e parroci che si sono succeduti alla guida di questa parrocchia, dal 1592, fino al 1945. L'inizio di questa serie di annotazioni diaristiche risale al 1° agosto 1592.

   Dalle annotazioni lasciate dal pievano Stefano Lazzeri, nella prima metà del Settecento, che occupano parecchie pagine, si comincia ad intuire lo stato di crescente abbandono della Pieve da parte della popolazione, che contemporaneamente richiedeva con sempre maggior insistenza l'espletamento di pratiche di culto all'interno del castello. Ovviamente tutto questo preludeva allo spostamento della sede parrocchiale all'interno del paese ed alla conseguente fine della vecchia Pieve, che fu demolita nel 1834.

Successivamente dal manoscritto iniziano a trapelare gli echi dei cattivi rapporti che, dalla metà dell'Ottocento, cominciavano ad intercorrere tra i parroci che si succedevano a Medicina e la popolazione locale, che a quel tempo doveva ammontare a circa trecento anime. Sembra che l'origine di queste crescenti difficoltà vada ricercata nella accesa rivalità che si era creata tra le due Compagnie religiose esistenti in paese. In realtà non si sa nulla di preciso sui motivi di questi contrasti: è certo però che nel 1855, visti vani tutti i tentativi messi in atto dalle autorità religiose, le due Compagnie furono soppresse.

   La situazione dovette poi precipitare nel 1875, a giudicare da un'annotazione dell'allora parroco Don Anselmo Olivi che rinunciò alla parrocchia, e da quel momento cominciò l'odissea dei parroci di Medicina. Il rapporto tra parroci e popolazione doveva essersi completamente incrinato quando Don Luigi Landini divenne parroco del paese nel 1913.

   La serie delle annotazioni si conclude con quelle di Don Cesare. Quando il parroco tenta di organizzare l'Azione Cattolica si scontra con l'organizzazione fascista che controlla Medicina. Le annotazioni del parroco si trasformano a poco a poco in un vero bollettino di guerra e la sola buona notizia è la sistemazione della canonica che ritorna così abitabile.

   Laconicamente passano sul diario i grandi avvenimenti storici del periodo, dalla caduta di Mussolini alla occupazione tedesca, allo sbarco in Sicilia degli alleati. Quando la guerra tocca anche queste zone, il diario annota: "Qui in Medicina ci sono molti partigiani. Il paese passa ore tragiche. 8 settembre 1944, pattuglie tedesche in ritirata entrano in paese ed incendiano case. Due uomini che sono incontrati dai tedeschi sono uccisi. . .9 settembre, verso sera, arriva una pattuglia di soldati americani in paese".

   Il congedo del parroco dal paese, che avviene poco dopo, ha comprensibilmente il significato di una liberazione.

   Oggi il paese conta solamente poco più di 100 abitanti, per lo più anziani. La forma dell'antico castello è vagamente ellittica, con due appendici costituite dalle due direttrici di sviluppo che esso ha avuto nel corso del Settecento, quando l'aumentato numero di abitanti ne rese necessaria l'espansione oltre la cerchia delle mura, che si coagulò lungo la mulattiera per Pietrabuona, in direzione sud, e lungo quella per Villa Basilica, verso ovest. Delle antiche opere di difesa rimane oggi integra solamente una porta, che è stata ottimamente restaurata nel 1900, mentre un'altra fu abbattuta una trentina di anni fa, poi vi sono cospicui avanzi di alcuni torrioni semicircolari e della cinta muraria, oltre a consistenti resti di una galleria sotterranea che, all'interno delle mura, ne seguiva parallelamente il perimetro. Lungo le strette strade del paese è facile vedere qualcuna delle caratteristiche aie pensili, ampie terrazze sopraelevate il cui scopo era quello di farvi essiccare i prodotti agricoli.

     Vicino alla chiesa sorge l'antico palazzetto comunale, che però è stato notevolmemte modificato nel corso dei secoli, mentre lungo la via che dalla chiesa scende rapidamente verso sud c'è un altro palazzetto antico, che secondo alcuni risalirebbe addirittura al Mille, ma attualmente in stato di completo abbandono.

   Il campanile, che svetta al di sopra dei tetti delle case, ci rivela la posizione della chiesa parrocchiale, che è stata dedicata ai SS. Martino e Sisto, come l'antica pieve. Si tratta di una costruzione del XVI secolo, ma poco o nulla rimane degli elementi originali, dati i numerosi restauri a cui è stata sottoposta, oltre alle modifiche ricevute a più riprese, di cui l'ultima e più consistente è stata effettuata nel 1855: il campanile che le sorge accanto, invece, è con ogni probabilità un antica torre facente parte della cerchia delle mura, poi trasformata e riadattata.

   All'interno della chiesa, sulla sinistra, c'è il fonte battesimale, a forma di sarcofago, che risale al 1545. Il transetto di sinistra è ricco di opere d'arte abbastanza interessanti. L'altare maggiore, in marmi policromi, è ottocentesco, come pure allo stesso secolo è riferibile il grande dipinto che è alle sue spalle e che raffigura San Martino, San Sisto e Santa Anna. Passando al transetto di destra, sul suo altare è una pregevole statua lignea della Madonna col Bambino, realizzata nel tardo XV secolo.

   Una volta usciti dalla chiesa, si torna ad immergersi nelle vie del paese, dove ancora si possono notare numerose targhe in pietra che recano incise delle date del XVI e XVII secolo, il che farebbe supporre un certo grado di benessere della comunità in questo periodo.

   Infine, lasciando il paese, si può anche decidere di percorrere la stradella non asfaltata che porta alle pendici del Monte Telegrafo, dove si trova anche un antico oratorio dedicato a Sant'Anna, risalente a prima del XVI secolo, annesso ad un ancor più antico "romitorio". Qui, ogni anno, il 26 luglio si svolge una grande festa campestre che richiama gente da tutta la zona.

Fonte: Bettino Gerini, Francesco Salvi, La provincia di Pistoia, Etruria Editrice.

 

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