Stiappa

 

Sperduto tra montagne solitarie, adagiato sul fianco meridionale del Monte Battifolle, Stiappa è il penultimo castello della Val di Torbola. Si tratta di un antico insediamento, famoso per le belle donne e la buona cucina, posto a cavallo tra il torrente omonimo e quello di Ponte, che anticamente segnava il confine tra il Ducato di Lucca ed il Granducato di Toscana.

    L'origine dei castelli che si sono insediati in queste estreme zone della Valdinievole trova la sua spiegazione nel ruolo strategico che durante il corso dei secoli tali luoghi vennero assumendo.

    Con la formazione, nel Medioevo, degli stati territoriali di Lucca e Firenze, la Valdinievole divenne una zona di confine, strategicamente assai importante e quindi aspramente contesa e Stiappa venne a trovarsi come estrema sentinella del territorio lucchese.

    Va tenuto presente che le strade di comunicazione, invece di seguire il fondo delle valli, si inerpicavano sul fianco dei monti, tagliate nel fitto dei boschi quasi impenetrabili che li coprivano, con percorsi sterrati ripidi e non molto tortuosi, ed erano impraticabili ad ogni tipo di veicoli. Altre vie di comunicazione non ve ne erano, ed al culmine dei colli strategicamente più importanti si trovavano arroccati i vari castelli. Molto spesso non avevano una cinta muraria vera e propria, ma, come nel caso di Stiappa, avevano verso l'esterno una linea continua di robuste case, costruite su più piani, il cui piano terreno (dalla parte della valle) era costituito da stalle intercomunicanti, attrezzate con feritoie per l'avvistamento dei nemici e per la difesa, integrate da qualche tratto di mura. Ovvio che in queste condizioni essi costituissero degli ostacoli praticamente insormontabili in un'epoca in cui non esistevano le armi da fuoco.

    Nella guerra divampata tra Pistoia e Lucca all'inizio del 1230, anche Stiappa, insieme a Pontito ed a diversi altri castelli della zona, fu occupata dalle soldatesche pistoiesi, ma solo per poco tempo, perché nel giro di un anno tutti quei castelli tornarono sotto il dominio lucchese.

    Circa un secolo dopo, nel 1339, una parte della Valleriana comprendente i castelli di Vellano, Sorana, Lignana e Castelvecchio passò sotto ai Fiorentini, mentre i Lucchesi aggregavano amministrativamente i castelli della zona che erano sempre in mano loro, e tra gli altri anche Stiappa, alla Vicaria di Villa Basilica.

    Le vicende del lungo confronto che oppose Lucca a Firenze coinvolsero un po' tutti i castelli della zona, che furono conquistati e persi a più riprese dalle due contendenti, e così fu anche per il castello di Stiappa, fino a che, nel 1442, un trattato stipulato tra le due Repubbliche non stabilì che tutti i castelli che erano stati occupati dai Fiorentini tornassero in possesso dei Lucchesi. Con la creazione del principato mediceo, la funzione difensiva di Stiappa venne meno e la vita dei suoi abitanti, pur restando sempre difficile e stentata, almeno non fu più turbata da guerre o da scontri sanguinosi.

    Le occupazioni degli abitanti di Stiappa non differivano da quelle degli abitanti degli altri castelli sparsi per le valli della montagna pistoiese, incentrandosi quasi esclusivamente sull'attività silvo-pastorale. Lo sfruttamento del bosco rappresentava per queste popolazioni l'unica vera risorsa disponibile, sia per la legna da ardere che esso forniva, sia per il carbone che da esso poteva essere ricavato, sia soprattutto per il fabbisogno alimentare degli abitanti della zona che esso permetteva di soddisfare, per lo più attraverso delle castagne. Fino a non molti anni fa questo frutto veniva chiamato "pane dei poveri", ed in effetti per secoli le popolazioni delle zone più povere della montagna, non solo nel pistoiese, si sono nutrite prevalentemente (quando non esclusivamente) di castagne lessate, arrostite, cotte nel forno, e soprattutto trasformate in polenta, la cosiddetta "pattona", che si faceva e si fa tuttora utilizzando la farina che si ricava dalle castagne secche.

    Tutto ciò presupponeva una lunga lavorazione ed una costante cura del bosco, perché era necessario che il sottobosco fosse sempre tenuto sotto controllo, senza di che sarebbe stato quasi impossibile raccogliere le castagne, e questo rappresentava oltre che un lavoro stagionale comune a tutti gli abitanti della zona, anche una importante occasione di "socializzazione", come si direbbe oggi. Poi, una volta raccolte le castagne, queste dovevano essiccare. A questo scopo si utilizzavano delle strutture realizzate nei boschi stessi, le "ricciaie", che altro non erano che delle buche nel terreno riempite di terriccio soffice, in cui erano poste le castagne colte prematuramente e che non volevano saperne di aprirsi e di uscire dal riccio, e gli "essiccatoi", che invece erano piccole costruzioni in muratura, con un piano superiore in cui venivano ammucchiate le castagne, mentre nella parte inferiore si accendeva un bel fuoco, utilizzando della legna grossa e umida che facesse molto fumo. Il fuoco veniva tenuto acceso ininterrottamente, anche per dieci giorni di fila, finché tutte le castagne non erano perfettamente secche e non si distaccavano quindi facilmente sia dal guscio che dalla pellicola che le avvolgeva. La fase successiva era una specie di festa che si svolgeva di notte, quando solitamente c'era più vento, ed a cui partecipavano un po' tutti. Durante questa le castagne ormai perfettamente secche venivano messe in robusti sacchi, dopo di che questi venivano calpestati, battuti, agitati in tutte le forme possibili, ed infine il contenuto veniva lanciato in aria, con un vaglio, perché il vento disperdesse le bucce e restasse solo la polpa delle castagne, che poi veniva portata al mulino per essere macinata e ridotta in farina.

    Inoltre, la creazione di piccoli appezzamenti di terreno comuni, che venivano strappati letteralmente al bosco, consentiva anche se in piccola misura l'allevamento di un po' di bestiame e la coltivazione di qualche campicello, in modo di integrare la dieta a base di castagne e derivati.

    Comune era anche la gestione del mulino, come ricordano gli stessi Statuti della comunità di Stiappa, del 1659. Attualmente, lungo il corso della Pescia, sotto il paese, sono visibili quattro antichi mulini in pietra, attivi fino a pochi decenni fa ed ora in stato di abbandono: uno di essi reca incisa sull'architrave una data che lo fa risalire al XVI secolo.

    Da notare infine che nel 1883 Stiappa, assieme a Pontito, fu aggregata al comune di Vellano, sotto al quale rimase finché questo non fu soppresso ed inglobato in quello di Pescia, assieme ai castelli che esso amministrava, nel 1929. Tra l'altro l'anno precedente questi territori erano stati sottratti alla provincia di Lucca, di cui avevano sempre fatto parte, ed aggregati alla neo-costituita provincia di Pistoia.

    L'emarginazione economica di questa parte della Valdinievole ne ha indubbiamente favorito lo spopolamento, così Stiappa, che nel 1832 aveva 289 abitanti, oggi ne conta meno di 100 ed è ormai animata e piena di vita solo durante l'estate, quando si riempie di villeggianti.

    Il castello attuale deriverebbe da uno più antico, che si sarebbe chiamato Santa Maria e che doveva sorgere in una località più elevata, oggi chiamata Terrazzano; però non ne rimane più nessuna traccia e tutto ciò che se ne sa è solo che era un borgo fortificato che disponeva di una robusta cinta muraria. Per quanto riguarda il significato del toponimo, mentre alcuni come già accennato ritengono che il paese abbia preso il nome dal sottostante torrente, il Rio Schiappa, altri invece asseriscono che il nome del castello derivi dalla sua forma un po' particolare, a cuneo.

    Stiappa oggi si presenta come un agglomerato compatto di costruzioni di colore grigiastro, sormontato dalla torre campanaria della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, e disposto in senso longitudinale. Le costruzioni più esterne si sviluppano e si innestano sui resti della cinta muraria, di cui a tratti affiora l'impianto originale, e di cui restano anche due delle tre porte. L'impianto originale del castello si può scorgere in parte nel lato verso sud, dove è situata anche la chiesa e dove si apre, anche se mutilata, una delle porte, di fronte alla quale è stato eretto il monumento ai caduti. Sopravvive pressoché intatta invece la porta nord, arricchita da una loggia antistante e con a lato una fontana in arenaria della prima metà del XIX secolo. Il lavoro di adattamento e di ristrutturazione compiuto nel corso dei secoli nell'abitato deve essere stato veramente notevole, come dimostrano la totale scomparsa della rocca, di cui resta solo il nome dato alla parte culminante del paese, ed i numerosi elementi di spoglio costituiti dagli architravi delle porte, che in molti casi presentano delle date scolpite, in genere del XVI e del XVII secolo.

    L'attuale chiesa parrocchiale, dedicata a S. Maria Assunta, è situata all'interno del nucleo abitato e sull'architrave della sua porta d'ingresso è scolpita la data 1543, relativa all'anno in cui fu realizzato quest'edificio, in sostituzione della chiesa originaria. Questa, assai più antica, sembra che sorgesse in una località oggi chiamata significativamente "il Santo".

    A fianco della chiesa sorge il campanile, che fu completamente ricostruito nel 1866.

    Entrando nell'edificio sacro, da osservare sono le quattro colonne romaniche, di squisita fattura, che si ritiene provengano da quella chiesa più antica di cui abbiamo fatto cenno, ma i cui capitelli recentemente sono stati giudicati rifacimenti posteriori.

    Uscendo dalla chiesa vale la pena di osservare anche un edificio che le è attiguo, un po' più in basso, in cui aveva sede la Compagnia della Visitazione e sulla cui porta è una lapide datata 1760, che ricorda lavori di restauro eseguiti in quell'anno.

    Infine, parlando di Stiappa non si può non accennare alla fama di bellezza di cui hanno sempre goduto le sue donne, che oltretutto si avvantaggiavano di un costume tipico molto particolare e molto bello.

Fonte: Bettino Gerini, Francesco Salvi, La provincia di Pistoia, Etruria Editrice.

 

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