Pontito

 

Sperduto tra le creste di montagne ancora quasi selvagge, Pontito è l'estremo paese della Svizzera Pesciatina.

    La sua solitudine ci dà la misura del suo isolamento, della sua decadenza dal punto di vista economico e produttivo, e del conseguente esodo dei suoi abitanti, che ormai da moltissimi anni prosegue, lentamente ma costantemente.

    L'isolamento del resto rende la vita difficile anche ai pochi rimasti, che si vedono privati di tutta una serie di servizi oggi considerati essenziali, e che si sentono soprattutto in uno stato di abbandono rispetto a coloro che vivono nei centri della pianura o comunque più vicino a Pescia.

    Però, dal punto di vista della conservazione dell'antico paese, è stato proprio questo isolamento a produrre il miracoloso risultato di far giungere fino a noi un borgo medioevale intatto fin nei minimi particolari, completamente costruito in pietra, senza un edificio che non abbia per lo meno qualche secolo di vita.

    Caratteristica e famosa è la sua forma, ricavata in conformità alle caratteristiche della collina su cui è sorto. E' la forma di un grande ventaglio rovesciato, la cui parte inferiore si distende allargandosi progressivamente verso le pendici del colle, mentre la superiore si restringe gradatamente, seguendo l'elevarsi del pendio, verso il luogo più eminente, dove è posta l'antica chiesa dedicata ai SS. Andrea e Lucia.

    La forma e la struttura interna del borgo sono quelle tipiche degli insediamenti medievali, caratterizzati dalla vocazione all'arroccamento ed alla difesa, e costruiti quindi solitamente sulla vetta di un colle, con la rocca posta alla sommità, in posizione dominante per poter meglio respingere gli attacchi esterni. Nel caso di Pontito però, a differenza di molti altri luoghi vicini (come ad esempio Vellano), anche la chiesa è inclusa dentro il perimetro delle mura.

    Nonostante la sua indiscussa bellezza, Pontito è un paese che rischia di morire, e non si vede come sia possibile arrestare e capovolgere quella tendenza ad andarsene dal paese che continua, lenta ma in ininterrotta, da tempo immemorabile. Il problema di base è, come in tanti altri casi, quello di creare attività economiche che non rendano una necessità l'emigrazione; infatti dopo il tramonto dell'agricoltura, che qui era un'agricoltura povera, ai limiti della sussistenza, ed in cui non era possibile, per la natura dei terreni, introdurre innnovazioni tecnologiche e colturali, non c'è più stata alcuna possibilità di riutilizzare in loco la manodopera che man mano restava libera. Inoltre la posizione di Pontito, così lontano da Pescia ed anche da tutti quei centri che avrebbero potuto assorbire del personale, ha reso estremamente problematico anche il pendolarismo, contribuendo così alla fuga dei suoi abitanti verso i centri della pianura o addirittura verso l'estero.

    Del resto si può quasi dire che oggi questo problema si è già risolto da sé, anche se nella maniera più triste, perché la popolazione di Pontito è ormai composta per la maggior parte da persone anziane, con un indice di natalità praticamente ridotto a zero.

    La bellezza di Pontito è la risultante di vicende più che millenarie. Secondo la tradizione, il nome andrebbe ricondotto ad un ponte edificato qui nientemeno che da Tito Augusto; tradizione popolare che qualche scrittore ha cercato di avvalorare, senza peraltro portare argomenti molto convincenti a sostegno di questa tesi. Sebbene infatti il paese sia molto antico, pare francamente imprudente ed arbitrario datarne l'origine addirittura ad epoca romana, senza altro argomento a favore di questa tesi che quello di una supposizione sull'origine del toponimo, tra l'altro molto incerta, perché il nome potrebbe essere anche ricondotto, e probabilmente con molto più fondamento, alla antica chiesa del paese, che era intitolata al patrono San Potito. Con ogni probabilità quindi le sue origini sono altomedievali, e fanno comunque di esso uno dei centri più antichi della zona. Sicuramente nel 910 Pontito esisteva già, e da un certo tempo visto che appunto in quell'anno la chiesa di San Potito è ricordata come dipendente dal piviere di San Martino a Vellano, in una carta dell'Archivio Arcivescovile Lucchese recante la data del 1° luglio.

    Intorno al mille, la piccola città ci appare infeudata, con un atto che reca la data del 998, a Giovanni e Pietro, Signori di Maona e di Castiglione, da parte dei Vescovi di Lucca; l'appartenenza di Pontito al dominio lucchese risultò confermata sia dopo la morte di Federico II, quando la Valleriana tornò sotto la giurisdizione del Comune di Lucca e Pontito fu compreso nella vicaria di Villa Basilica, sia dopo che l'intera Valdinievole passò sotto il dominio fiorentino, formando un distretto in gran parte isolato, interposto fra il territorio pistoiese e quello pesciatino. L'appartenenza al dominio lucchese tuttavia non fu fonte di vita tranquilla ed operosa per Pontito; infatti frequentissimi litigi, spesso sanguinosi, coinvolgevano il paese ed erano dovuti in massima parte a questioni di confini, dato che questi non erano fissati in modo sicuro, bensì alla meglio di volta in volta, dando così vita ad una continua altalena di guerricciole e di effimere paci.

    Di fronte ad una storia così fittamente costellata di episodi di guerra e di violenza ci limiteremo soltanto ad accennare i più importanti in cui Pontito fu coinvolto. Nella guerra fra Pistoia e Lucca, divampata all'inizio del 1230, il paese fu occupato, insieme a Lucchio, Stiappa ed a diversi altri, dalle milizie pistoiesi, provocando la reazione di Federico II  e del suo vicario di stanza a San Miniato. Ancora, alla fine del secolo, Pontito fu impegnato in una sanguinosa guerra con Lanciole, che venne assaltato, con i lanciolesi costretti a ripiegare fin dentro le mura del loro castello. Alla fine del secolo successivo (1381) si ebbe una nuova guerra, alla quale presero parte anche diversi castelli della lucchesia e quelli pistoiesi di Cutigliano, Lizzano e Popiglio, conclusa da un armistizio solo due anni dopo. Poi si ebbe la dominazione di Francesco Sforza, che espugnò Pontito nel XV secolo e fu al centro di un episodio celebre, avvenuto proprio nella rocca ora diroccata del paese. Datosi a frugare ogni più recondito angolo della rocca gli capitò fra le mani con sua gran sorpresa una giovinetta di egregie forme: costei, rossa in volto, scongiurava quel valoroso di non toglierle l'onore, senza il quale nessun pregio rimane in una fanciulla, e lo supplicava a calde lacrime a nome anche del suo fidanzato, che diceva trovarsi prigioniero. Lo Sforza, che era generoso cavaliere, si guardò bene dal torcerle un capello, o farle oltraggio, e postala al sicuro dai soldati le fece ricchi regali e la rese al suo sposo cui, in grazia di lei, aveva restituito la libertà.

    Nei secoli successivi si verificarono ancora vari scontri e qualche piccola guerra, particolarmente con Lanciole, oltre ad un tentativo fallito, nel XVII secolo, di tradire la rocca da parte del commissario Lamberto Lamberti.

    Poi su Pontito calò il silenzio, che venne interrotto solo fra il Sette e l'Ottocento, quando a far conoscere il paese non fu più un episodio guerresco, ma un uomo che conquistò la fama con opere di pace, Lazzaro Papi. Scrittore, traduttore, avventuriero, viaggiatore, soldato, medico e chirurgo, Lazzaro Papi è la grande gloria di Pontito, ma non è certamente il solo motivo di interesse dell'antico castello.

    Anzitutto  vanno segnalati i numerosissimi arredi viari sparsi un po' per tutto il paese, di cui alcuni addirittura quattrocenteschi. Un motivo decorativo tipico è quello composto da un elemento circolare in cui è inserita una margherita di cui è visibile un solo petalo, con a lato un nodo di corda intrecciata ricavato in bassorilievo; una simbologia che risale al XV secolo e che si trova scolpita un po' dappertutto nel paese, perfino sulle lastre della pavimentazione stradale. Belle sono anche alcune fontane pubbliche, scolpite nell'arenaria, che risalgono al XVIII-XIX secolo.

    Anche i monumenti di Pontito meritano attenzione e tra questi soprattutto la chiesa dei SS. Andrea e Lucia.

    Costruita nella parte più elevata dell'abitato, essa, anche se, a differenza delle altre pievi della Valdinievole, non possiede tesori d'arte di valore, è pur sempre un edificio antichissimo e di bella struttura. La facciata, completamente rifatta, presenta sul lato destro una lapide posta a ricordo di Lazzaro Papi, cui tra l'altro è dedicato anche un busto collocato nella piazza d'accesso al paese. L'interno, spartito da colonne di pietra, è a tre navate, di cui quella di destra è di particolare interesse per la presenza sulla parete esterna di una arcata in pietra, decorata con motivi rinascimentali. L'arcata risale probabilmente ad un restauro della chiesa eseguito  nel 1497. Un altro capitello invece, che si trova vicino all'altare maggiore, risale addirittura al XII secolo. Uscendo dalla chiesa, bisogna assolutamente ricordare anche la massiccia torre campanaria, di impianto romanico: dalla sua sommità si può abbracciare l'intera vallata con lo sguardo ed anche apprezzare compiutamente la struttura del paese.

    Esistono ancora alcune tracce delle fortificazioni e delle quattro porte (rispettivamente chiamate: di sopra, di sotto, Michelina ed a Lucca) per le quali una volta si accedeva al castello.

    La rocca si trovava sopra la chiesa, nel punto più alto del colle, ma ormai ne rimane solo qualche rudere. A proposito della rocca è curioso sapere che gli abitanti del paese anticamente si difendevano dai nemici lanciando su di essi, dai suoi spalti, dei grossi massi sferici che ancora oggi sono conservati ammucchiati in grandi gallerie sotterranee scavate all'interno del borgo.

    Del vecchio palazzo dove risiedevano i commissari, invece, non è rimasta più traccia; il suo posto è stato preso da una casa di civile abitazione. Sotto il paese, infine, c'è il piccolo oratorio della Madonna del Soccorso.

    Come abbiamo già accennato, una sopravvivenza di questo delizioso paese è molto problematica: l'età media degli abitanti, superiore ai cinquanta anni, fa pensare che sia impossibile tornare alla popolazione ottocentesca (più di quattrocento anime contro le circa novanta attuali) e inoltre non ci sono più bambini (le scuole elementari sono state chiuse nel 1974), ma solo pensionati e lavoratori che sono tornati dalla Germania e dalla Francia per trascorrere la vecchiaia nel loro paese natale. La terra stessa non è più lavorata; prima vi si coltivavano squisite lenticchie che andavano giustamente famose, al pari dei fagioli di Sorana, ma che praticamente oggi non esistono più. Anche i prodotti legati al castagno, storica risorsa della zona, risentono dei tagli indiscriminati.

     Pontito ora è vivo solo d'estate e si può purtroppo prevedere, come già detto, che la sua bellezza non lo salverà dal diventare un paese-museo, bello ma deserto.

Fonte: Bettino Gerini, Francesco Salvi, La provincia di Pistoia, Etruria Editrice.

 

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