Ponte di Sorana, dove i due rami della Pescia Maggiore, e cioè quella di Pontito e quella di Calamecca, confluiscono, è un borgo famoso per le ferriere e le cartiere, ma ha avuto anche una notevole importanza come stazione di sosta, nei secoli passati, quando i castelli della zona non erano raggiunti dalla strada che scorreva nel fondovalle, ed erano collegati soltanto per mezzo di impervie mulattiere, di modo che chi ne proveniva doveva discendere a valle a piedi, o a dorso di mulo o cavallo, e poi, a Ponte di Sorana appunto, saliva sui veicoli che vi facevano sosta. Sopra a questa frazione, a cavallo fra le valli di Torbola e di Forfora, si eleva un ripido poggio roccioso sul quale si arrampica una strada che, in poco più di mezzo chilometro di percorso sinuoso, porta appunto a Sorana, sulla sommità del colle, a 415 metri di altezza. Si tratta di un antico castello, munitissimo, che alcuni ritengono addirittura di origine romana. Secondo costoro, infatti, i superstiti dell'esercito di Catilina, dopo la sconfitta, si sarebbero rifugiati proprio tra questi monti, fondando alcuni castelli tra cui appunto Sorana. Comunque il primo documento di cui si sia a conoscenza, che ne faccia cenno, è del 975, dopo di che, nell'ultimo scorcio del secolo, la troviamo citata in diversi altri documenti, anche assieme al monte su cui sorge, che allora veniva chiamato Monte Petritulo. L'antica rocca di Sorana, alta e turrita com'era, dominava dalla sua posizione strategica lo sbocco delle vallate formate dai due rami della Pescia, di modo che era comunemente chiamata Rocca "Sovrana" (o, secondo la grafia dell'epoca, Sourana) e da questo appellativo derivò appunto il nome del castello, trasformato per corruzione in Sorana. Questo occupò una posizione di tutto rilievo nella storia della zona durante tutto il XIV secolo, nel corso dei conflitti che videro impegnati prima i Lucchesi ed i Fiorentini e poi questi ultimi contro i Pisani, i quali tutti si contendevano il possesso dei posti strategicamente più importanti, per meglio tenere sotto controllo queste zone di confine. Così, durante la guerra contro Lucca del 1330, i Fiorentini, che erano riusciti ad occupare Sorana, furono poi costretti ad abbandonarla e poterono successivamente rientrarne in possesso solamente nel 1343, dopo aver stipulato, questa volta con i Pisani, la pace di san Miniato. Nuovamente scacciati da Sorana nel 1352, i Fiorentini tornarono ancora ad impossessarsene, ma solo per riperderla nel 1362, quando i pisani praticamente la rasero al suolo, distruggendone completamente la rocca, le fortificazioni e la stessa chiesa parrocchiale. Non paghi di tutte queste distruzioni, i Pisani obbligarono i suoi abitanti a pagare un contributo di guerra di ben duecento zecchini, e siccome questi non erano in grado di radunare una tale somma, dovettero dare loro in ostaggio otto dei concittadini più importanti. Anche dopo questi fatti, però, la guerra tra Pisani e Fiorentini continuò, finché, nel 1364, fu finalmente stipulata la pace e tutta la zona poté tornare a vivere in relativa serenità. Con questo trattato anche il castello di Sorana tornava ai Fiorentini, ma in realtà bisognò aspettare il 1371 perché esso, assieme a Castelvecchio ed al distretto di Vellano, si decidesse a fare formale atto di sottomissione alla Repubblica Fiorentina. Al primitivo nucleo della rocca di Sorana, che era completamente recintato da mura di cui ancora sono ben visibili i resti, in un periodo successivo venne aggiunta una seconda cerchia di mura, in cui si aprivano due porte, che si era resa necessaria dato che l'abitato si era esteso sensibilmente, particolarmente in direzione sud-est. Nel 1376 poi fu costruito un nuovo borgo, adiacente al castello, nella zona verso sud, per accogliervi i profughi del distrutto castello di Lignana. A questo borgo fu dato il nome di Paradiso, in segno di omaggio per la bellezza delle fanciulle che vi andarono ad abitare, e, per difenderlo, invece di costruire un'altra cinta muraria, si preferì adottare il sistema delle case più esterne costruite in una linea continua, a fare esse stesse da baluardo. Per ritrovare il nome di Sorana in relazione a qualche fatto d'arme bisogna arrivare fino all'agosto del 1530, quando, il giorno precedente la fatidica battaglia di Gavinana, Francesco Ferrucci, che alla testa delle milizie repubblicane cercava di contrastare le mire imperiali di Carlo V, fu costretto a passare sotto al castello di Sorana, avendo trovato tutti gli altri passi sbarrati. Come conseguenza della disfatta delle truppe repubblicane anche Sorana fu assoggettata ad un sistema di tassazioni ben più pesante che non in precedenza, quando tutti i suoi obblighi nei confronti della Repubblica Fiorentina consistevano nell'inviare a Firenze un cero del peso di otto libbre nella ricorrenza della festa di San Giovanni e, in caso di guerra, nel mantenere un uomo a cavallo, armato di tutto punto. Successivamente Sorana di affacciò ancora agli onori della cronaca nel 1554, quando il Vicario di Pescia, Brancaccio Rucellai, avendo Pietro Strozzi occupato la città con le sue soldatesche, per paura preferì allontanarsene e come sua dimora scelse proprio questo castello. A proposito di Sorana va ancora osservato che l'omonimo comune era nato verso il XIII secolo (nello stemma aveva una stella in campo argento) e che nel 1545 furono eletti dodici saggi che ne redigessero gli statuti. Nel 1565 il comune di Sorana aprì una scuola pubblica e chiamò ad occuparsene un maestro, a cui assegnò uno stipendio di cinquanta scudi. Successivamente, nel 1775, il comune di Sorana fu soppresso ed il suo territorio fu unito amministrativamente a quello di Vellano, sotto il quale rimase finché anche questo non fu soppresso ed incorporato in quello di Pescia, nel 1929. Fenomeno comune agli antichi insediamenti della zona, anche per Sorana la crescente emarginazione economica ha portato ad un progressivo spopolamento, così per esempio, mentre nel 1832 vi erano 406 abitanti, attualmente essi sono scesi a poco più di 200. Man mano che ci si avvicina al paese, ci si può rendere conto che le pendici meridionali e quelle di levante del colle su cui esso sorge sono coltivate a vigne e ad uliveti, mentre la parte verso ponente, che è un po' più piana, è prevalentemente coltivata a cereali intramezzati da vigneti. La zona verso nord, infine, montuosa ed assai più fredda, è coperta da estesi boschi, prevalentemente di castagni. D'altra parte, man mano che il paese si è andato spopolando e che i suoi abitanti si sono spostati per lavorare nelle fabbriche sorte nelle zone più a valle, anche le campagne sono state in gran parte abbandonate. Invece è ancora abbastanza ben curata la zona a fondo valle, dove, nei campi ricavati lungo il fiume, appena a monte del Ponte di Sorana, sono coltivati i famosi fagioli di Sorana, universalmente noti per la tenerezza della loro buccia. Il paese, dalla forma quasi circolare, con le strade strette e ripide, ha al centro la chiesa, davanti alla quale si apre una piazza adorna di fontane. Passeggiando per le sue stradelle, abbiamo modo di vedere diversi arredi viari interessanti: Sorana è ricca di elementi di spoglio articolati in un arco temporale piuttosto ampio, che va dal XII al XIX secolo, usati come elementi decorativi. Prima di giungere alla chiesa di San Pietro, massimo monumento del paese, sulla nostra sinistra troviamo l'Oratorio di San Giuseppe, la cui facciata è rivolta proprio verso la chiesa parrocchiale. Superato l'Oratorio, dopo un breve tratto di strada ecco che si sbocca nella piazzetta posta al centro del paese, su cui si affaccia anche la chiesa parrocchiale, e che è abbellita da una graziosa fontana a loggetta. La chiesa parrocchiale, dedicata ai SS. Pietro e Paolo, è antichissima, ma avendo subito in più riprese modifiche ed ampliamenti ha perso quasi completamente i suoi caratteri originari, ed oggi presenta ancora solo qualche piccolo resto del suo primitivo impianto romanico. La troviamo già citata nel Catalogo delle chiese lucchesi del 1260, come Rettoria, sotto la giurisdizione della chiesa pievana di Castelvecchio, ma di questa originaria chiesa romanica, come abbiamo detto, rimangono solo poche tracce, dato che essa fu distrutta insieme all'antica rocca; sui suoi resti fu eretta la chiesa attuale che però a sua volta fu ampliata più volte, e particolarmente nel 1595, quando essendone rettore Domenico Pieri da Vellano, fu praticamente rifatta di sana pianta in stile barocco. Sulla facciata, sopra la porta d'ingresso, è un piccolo affresco in cui sono raffigurati, visti di tre quarti, i due Santi protettori del paese (e della chiesa) che purtroppo è in cattivo stato di conservazione. All'interno la chiesa è a navata unica, con altari in pietra serena e con la volta, che è suddivisa in quattro sezioni, decorata con stucchi che raffigurano foglie e fiori, riferibili all'inizio del XIX secolo. L'altare maggiore, l'unico in marmo nella chiesa, risale al 1879 ed è sovrastato da un crocifisso in cartapesta dipinta e dorata, della metà del XIX secolo, opera probabilmente di un artigiano locale. Dietro all'altar maggiore, in fondo al coro, si può ammirare un bel dipinto su tavola di un ignoto artista di area tosco-emiliana, della prima metà del XVI secolo. Vi sono raffigurati la Vergine in trono con il Bambino in braccio che dà l'anello nuziale a S. Caterina, cui sono vicini S. Michele, S. Pietro e S. Paolo. Sicuramente si tratta di un'opera eseguita espressamente per la chiesa di Sorana, data la presenza dei due Santi titolari della stessa, e probabilmente allusiva circa la fusione delle popolazioni di Sorana e di Lignana, della quale S. Caterina era protettrice, avvenuta quando quest'ultima località fu distrutta. Fonte: Bettino Gerini, Francesco Salvi, La provincia di Pistoia, Etruria Editrice.
|